Jack Manfred è un aspirante scrittore che non riesce a sfondare, e così per tirare avanti inizia a lavorare come croupier in un casinò londinese. Sarà proprio questo suo nuovo lavoro che permetterà a Jack di trovare lo spunto giusto per scrivere finalmente una storia di successo.
Un casinò da quattro soldi, ambienti tetri popolati da squallidi giocatori d'azzardo e piccoli bari, voce narrante fuori campo, belle e disinibite ragazze protagoniste d'intrecci amorosi di vario tipo e uno scrittore spiantato che fa un lavoro che odia, il croupier, ma che gli permette di tirare avanti. Michael Hodges (regia) e Paul Mayersberg (sceneggiatura) ce la mettono davvero tutta per rendere "Il colpo" un classico del new-noir inglese, eppure qualcosa non va.
Il malinconico Clive Owen ("Spara o muori", "Sin City") parte in sordina, complici dei capelli biondi ossigenati che non gli donano, ma mano a mano che la pellicola procede prende coraggio: il suo personaggio si fa credibile, staccandosi dalla solita macchietta dello scrittore spiantato e acquisendo caratteristiche e particolarità che, pur non facendolo diventare uno dei dieci personaggi più interessanti della storia cinematografica, riesce per lo meno a spingervi a proseguire la visione del film.
Promosso Clive Owen e il suo bel grembiulino da croupier, non si può dire la stessa cosa per il ritmo e più in generale per tutta la sceneggiatura, che sembra arrancare più del dovuto. Non si riesce infatti a capire bene quello che il protagonista voglia fare, e in molti punti il film inizia a descrivere qualcosa senza poi terminare la descrizione. Dal titolo sembra di capire che la pellicola ruoterà attorno ad una rapina, cosa che invece non è (il titolo originale è infatti "Croupier"), poi abbiamo la questione del libro che Jack vuole scrivere, gli intrecci amorosi, i bari, la vita da casinò: tutti temi affascinanti che però non vengono affrontati e disvelati come meriterebbero, vengono per così dire sorvolati, superficialmente intaccati, lasciando allo spettatore una specie di amaro in bocca, come dire... "e allora? e poi?". Tra qualche scena di nudo (notevoli le forme che sfoggia Alex Kingston, già vista in “E.R.”), varie scazzottate e un discreto colpo di scena finale, il film scorre senza troppi sussulti e senza pecche gravi, ma quello che manca è un'anima. |